mesi ad imparare l'ebraico a Nahalal, la leggendaria comunità nella valle di Jezreel. Dopo essere tornato dai miei genitori, a Tel Aviv, frequentai la scuola elementare fino ai tredici anni. Non sono più andato a scuola dopo di allora. Con i miei che lavoravano così duramente, e la depressione che in Palestina non faceva che peggiorare, non volli andare alla scuola media. Volevo guadagnarmi da vivere, e inoltre l'istruzione scolastica mi annoiava: stavo sempre avanti rispetto alla mia classe, e la scuola mi sembrava una via alla conoscenza spaventosamente lenta.

Dopo un tentativo miseramente fallito come meccanico, andai a lavorare come impiegato di un avvocato. Qui cominciai a scorgere la realtà della vita: la povertà della maggioranza; la differenza tra gli arabi di Giaffa, dove avevano la loro sede alcuni dei tribunali, e gli ebrei della vicina Tel Aviv; l'altezzoso atteggiamento di superiorità dei nostri padroni inglesi, che presiedevano all'attività giudiziaria e alla polizia.

Un giorno ero in tribunale, e un collega che lavorava con un altro avvocato mi chiese cosa pensassi della situazione politica. Risposi che avevamo dei capi ignobili.

« Che cosa pensi di fare? », mi chiese. Dissi che non lo sapevo.

« Bene, c'è qualcuno che ritiene di saperlo - replicò quello. - C'è un'organizzazione... ».

È così che ho sentito per la prima volta il nome dell'Irgun (Organizzazione militare nazionale), che da quel momento divenne il centro della mia vita.

In quel periodo il terrorismo arabo infuriava nel paese. Ogni pochi giorni c'era un'imboscata ai danni di qualche ebreo, e ci scappava il morto. Gli inglesi sembravano incapaci di mettere un freno a queste azioni, e gli ebrei, sempre sospettosi della slealtà britannica, credevano anzi che in segreto essi appog-

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