Capitolo secondo

LA GUERRA CHE NESSUNO HA VOLUTO

Ero ancora a letto, dopo una lunga serata di lavoro, quando suonarono le sirene.

Per qualche secondo non riconobbi il suono. Mi prese di sorpresa. Poi mi dissi: « Bene. È cominciata ». Sapevo che la guerra stava arrivando, ma non m'ero aspettato che cominciasse proprio quel giorno.

Mia moglie voleva che scendessimo al rifugio antiaereo. Era molto fiera di questo rifugio, perché pochi giorni prima le era stato affidato, nella sua qualità di membro del comitato di caseggiato, il compito di prepararlo per la guerra. Fino a quel momento il rifugio era stato considerato un giuoco, e veniva utilizzato da tutti come magazzino per riporre le cose di cui non si sapeva che fare. Ora era pulito, vuoto, fornito d'acqua e di sacchetti di sabbia.

Non volli scendere. Anche durante la guerra del 1948 avevo sempre preferito le trincee scoperte ai rifugi chiusi. Ma c'era di più: pochi giorni prima un alto ufficiale dell'aviazione mi aveva promesso che in caso di guerra neppure un aeroplano nemico sarebbe riuscito a raggiungere Tel Aviv. In Israele

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