non erano che il risultato logico degli atteggiamenti prevalenti nel Medio Oriente. A quanto pare Nasser non voleva davvero che le truppe Onu se ne andassero; voleva solo che una parte di loro si spostasse un poco. Con il che la sua concentrazione di truppe alla frontiera avrebbe assunto un aspetto più minaccioso, i cuori arabi avrebbero gioito e Israele si sarebbe impaurito. Ma il comandante Onu non poteva ritirare i suoi uomini senza l'autorizzazione del segretario generale U Thant. U Thant decise che

rimuovendo una parte delle truppe avrebbe distrutto l'efficacia dell'intero apparato; e d'improvviso Nasser dovette scegliere tra effettuare una ritirata, che lo avrebbe reso ridicolo, e ordinare la partenza di tutte le truppe Onu. Scelse la seconda alternativa.

Agli occhi di Israele il ritiro delle truppe Onu drammatizzò la situazione. Fino a quel momento nessuno aveva preso troppo sul serio le mosse egiziane. Era ancora profondamente radicata l'idea che Nasser, occupato nello Yemen, non fosse in grado di rischiare una guerra con Israele. Nello spazio di una notte questa convinzione scomparve. L'esercito israeliano doveva prepararsi a fronteggiare un attacco arabo.

Per comprendere cosa ciò significava occorre conoscere l'esercito israeliano. Nasser, comandante di un esercito regolare, poteva spostare le sue divisioni qua e là senza che ne venisse alcun mutamento alla vita del paese. Ma l'esercito regolare israeliano è minuscolo; e l'esercito del tempo di guerra è costituito principalmente di riservisti, il che vuol dire la mobilitazione a tempo pieno di quasi tutta la popolazione. Appena i riservisti ricevono la chiamata, l'economia si arresta. Gli uomini di Israele letteralmente scompaiono dalle strade, dagli uffici, dalle fabbriche, dai caffè. L'intero paese si trasforma, visibilmente e tangibilmente. Costringendo l'esercito

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