soldati cosacchi di passaggio o di una qualsiasi folla di mugichi ubriachi istigati da un governo corrotto incapace di fornire alle loro miserie uno sfogo diverso da un pogrom sanguinoso. Finirla con un'esistenza di parassiti che vi faceva disprezzare voi stessi, il vostro corpo e il vostro lavoro. Andare altrove, dove si sarebbe stati padroni del proprio destino. Dissodare il terreno e divenir liberi nel contatto mistico con la madre terra. Creare una società senza padroni né schiavi, dove tutti fossero uguali, dove nessuno fosse ricco né povero. Realizzare tutto questo in un proprio Stato, una propria patria; seguire le orme degli antichi eroi del proprio popolo; far risorgere una comunità ebraica; vivere nei luoghi dove si erano verificati gli eventi della vicenda biblica: ecco il sogno.

Il sogno era così bello, dalle radici così profonde e così tangibile che trascinò da tutta l'Europa orientale gli elementi migliori e più avventurosi in una piccola e lontana colonia turca chiamata Palestina.

Si trattò di un movimento di emancipazione glorioso, puro e autentico, il cui scopo era la creazione di una società libera da ogni lotta che non fosse quella con la propria anima.

In questo stato di eccitazione una sola cosa fu persa di vista: che la Palestina non era un paese vuoto.

La storia del sionismo comincia con un piccolo libro, scritto da Herzl in condizioni di febbrile sovreccitazione, che apparve nel febbraio 1896. Si chiamava Der Judenstaat (Lo Stato ebraico), ed ebbe sulle masse ebraiche d'Europa l'effetto d'un fulmine. Esso arrivava esattamente al momento giusto, come perfettamente appropriato era il suo linguaggio, e forniva risposte a domande che erano nella mente

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