bianco. Cecil Rhodes, in Sud Africa, era il simbolo del superuomo europeo, un eroe universalmente riconosciuto. Nessuno neppure sognava il risveglio dell'Asia e dell'Africa, né il nuovo movimento nazionale in Oriente. L'uomo nero e l'uomo bruno non erano che degli « indigeni », dei barbari (contro i quali l'Europa doveva essere difesa), che semplicemente si trovavano ad abitare dei luoghi in cui le nazioni europee mandavano le loro navi - e i loro eserciti - per ricavarne le materie prime necessarie alla nascente rivoluzione industriale.

Collocato nel suo tempo e luogo, il sionismo delle origini appare così non solo come una componente dell'ultima ondata del nazionalismo europeo, ma anche come facente parte dell'ultima ondata dell'espansione imperiale dell'Europa. Presto - molto presto - quest'ondata si sarebbe esaurita. Entro meno di dieci anni i giapponesi avrebbero inflitto ai russi una terribile sconfitta, chiudendo con ciò l'epoca dell'incontestata supremazia bianca.

Per il sionismo fu forse una sventura nascere troppo dappresso a questo crocevia della storia: un secolo troppo tardi per avvantaggiarsi del grande movimento espansionistico europeo, trent'anni troppo presto per riconoscere la forza dell'incombente prossima reazione afroasiatica al suo arrivo nella Palestina araba.

I sionisti che si riunirono a Basilea nel 1897 per il primo congresso del movimento erano profondamente consapevoli di partecipare ad un evento storico senza precedenti. Con pochissime eccezioni, questi delegati autonominatisi del popolo ebraico non erano mai stati in Palestina, non ne avevano alcuna idea e s'interessavano assai poco alle sue concrete caratteristiche. Non era la realtà palestinese a preoccuparli. Essi si preparavano a costruire un mondo nuovo, immaginato solo a metà, e l'unica

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