realtà che conoscevano era quella da cui volevano fuggire, la realtà dell'Europa orientale con i suoi pogrom, le sue discriminazioni, i suoi preannunci di più grandi catastrofi avvenire. Per tutte queste ragioni i primi sionisti non pervennero a rendersi conto dei problemi che li aspettavano in Palestina. Sapevano a malapena che qualcuno ci viveva, e avvertivano confusamente che una volta o l'altra qualcosa bisognava fare di questo qualcuno; ma in quel momento cruciale tutto ciò sembrava irrilevante.

Herzl visitò per la prima volta la Palestina molto tempo dopo aver pubblicato Der judenstaat e aver partecipato al congresso sopra menzionato. Andando in Palestina nell'autunno 1898 il suo scopo principale non era - come si sarebbe potuto supporre - di familiarizzarsi con il luogo dove dovevano realizzarsi le sue idee, ma di incontrare l'imperatore tedesco Guglielmo II in un ambiente convenientemente drammatico. E tuttavia in quegli anni egli dovette rendersi conto che occorreva pure trovare un posto agli arabi nel suo grande progetto. Nel suo secondo libro, Altneuland (Vecchia Nuova Terra), compare un gentleman arabo perfettamente felice di vivere in una comunità ebraica, che si congratula con.gli ebrei per la loro idealistica decisione di concedere (loro che avevano tanto sofferto all'estero) una condizione di piena eguaglianza agli indigeni.

Mi sono spesso chiesto come avrebbe potuto

essere diverso il sionismo se Herzl fosse stato, invece di un giornalista viennese, un bottegaio del bazar di Damasco. Si sarebbe accorto il sionismo che la Palestina non era che una parte della vasta regione abitata dagli arabi? Sarebbe stato possibile trovare sin dall'inizio una qualche soluzione al problema della coesistenza con il popolo che considerava la Palestina come la sua patria? Ma sono, naturalmente,

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