sionisti prendere l'iniziativa, in quanto forza nuova sulla scena della Palestina: erano essi a muoversi, mentre gli arabi si limitavano a reagire. Furono perciò i sionisti a scegliere - spesso consapevolmente, ma più spesso ancora inconsapevolmente -, mentre gli arabi non poterono che reagire a situazioni non determinate da loro. E tuttavia, per essere interamente giusti, se si considerano gli eventi nella prospettiva della storia non si riesce a biasimare i sionisti. Completamente assorbiti dalla lotta eroica mirante a procurarsi una base d'appoggio in un paese nuovo, a trasformare giovani intellettuali in agricoltori capaci di lavorare duro, a creare il primo embrione di una forza armata di autodifesa, a combattere disagi e fame, essi giudicavano ancora la questione araba come qualcosa di secondaria importanza, sperando forse che il problema, ignorato, scomparisse da sé.

Mentre il problema di trattare con gli arabi era preso alla leggera, gli sforzi dei dirigenti sionisti erano assorbiti dal tentativo di procurarsi l'appoggio di almeno una potenza mondiale. Anche Herzl non pensò mai alla creazione del suo Stato ebraico come a un semplice fait accompli. I suoi riferimenti erano le grandi imprese coloniali, le compagnie con tanto di concessione statale. Il suo sogno era appunto la trasformazione del movimento in una di tali compagnie, pur se differente da tutte le altre in quanto non proprietà di capitalisti interessati allo sfruttamento, ma proprietà collettiva di un intero popolo alla ricerca di una terra dove mettere le sue radici. Era un'idea affascinante, che nella sua evidente ingenuità si impone all'attenzione.

Il primo congresso sionista aveva richiesto « un focolare ebraico in Palestina legalmente garantito ». E s'intendeva garantito da una carta concordata dal complesso delle nazioni, o da qualche potenza mon¬

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