creati nel paese. « Il vostro movimento - disse - poggia su un'idea solida ».

Che cosa poteva essere più conveniente dell'of-frire all'imperatore tedesco la prospettiva di una comunità europea impiantata in Palestina, alle soglie dell'Oriente, in funzione di avamposto degli interessi e della cultura germanici? Herzl era assolutamente certo che il tedesco sarebbe in ogni caso divenuto la lingua della nuova comunità. (Egli non credeva allo straordinario esperimento di far rivivere la lingua ebraica, morta da duemila anni. Tale miracolo, che non rientrava nel disegno sionista, divenne una componente di primaria importanza del movimento soltanto quando i nuovi coloni palestinesi, ansiosi di iniziare una vita rinnovata sulle orme degli antichi israeliti, rinnegarono i loro vecchi linguaggi, compreso lo yiddish, che erano un simbolo vivente della Diaspora. L'ebraico, lingua nata nel paese - così simile all'arabo parlato sul posto - era il simbolo ideale di tutto ciò per cui si battevano.) Il Kaiser, personaggio pateticamente inadeguato, prigioniero delle mode, di passeggeri entusiasmi e di mutevoli stravaganze, si baloccò per qualche tempo con l'idea di diventare il patrono del Nuovo Tempio e il salvatore della razza ebraica. Ma nel cuore era un antisemita, e si vedeva piuttosto nei panni di potenziale Spada dellTslam, sicché la fantasia gli passò rapidamente.

Disperato, Herzl si volse agli inglesi. L'uomo che gli prestò orecchio fu l'autentico archetipo dell'imperialista britannico: Joseph Chamberlain. A quanto sembra il leggendario ministro delle Colonie si rese conto, con favolosa lungimiranza, delle possibilità offerte dal sionismo come mezzo di difesa degli interessi inglesi oltremare. La sua offerta di creare un insediamento ebraico nel Sinai settentrionale faceva parte di un vasto disegno mirante a spostare a nord, dentro la Palestina, le frontiere egiziane, in modo

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