zione della cultura palestinese, che è sempre stata un crogiuolo di svariate influenze semitiche.

Come Israele, lo Stato crociato ebbe dei problemi originati dalla differenziazione interna della popolazione: c'era la classe dominante europea (franchi o Ashkenazi); la componente indigena dello Stato (i poulains, come venivano chiamati i cristiani orientali, o i sefarditi, come noi chiamiamo oggi gli ebrei orientali); e infine la popolazione indigena musulmana rimasta entro i confini dello Stato senza realmente appartenergli.

Come gli israeliani, i crociati eccellevano in battaglia, sapendo che la loro sicurezza poggiava sulla loro capacità di respingere gli attacchi nemici. Come il regno della Stella di David, il regno della Croce continuò ad espandersi con la guerra per molto tempo dopo il suo impianto originario. Al loro apogeo gli Stati crociati controllavano un territorio assai più vasto di quello israeliano (anche tenendo conto delle conquiste del 1967): esso comprendeva l'intera costa siro-libanese, la Turchia orientale e almeno una base sulle colline transgiordane.

In buona parte come gli israeliani, che pensano di aver creato la loro testa di ponte per l'intero popolo ebraico e guardano con disprezzo agli altri ebrei, giudicati vili e disertori, i crociati si consideravano come l'avanguardia della cristianità, operante e combattente per tutti i cristiani del mondo. La partecipazione profonda degli ebrei del mondo intero alla sorte di Israele durante la guerra del 1967 riecheggiò le ondate di ansietà che scuotevano l'Europa ogni volta che il regno di Gerusalemme era in pericolo. In ambedue i casi questo rapporto si ritrova alla base del sistema economico. Assai prima che fossero inventati gli squilibri nella bilancia internazionale dei pagamenti, il regno di Gerusalemme dipen¬

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