Nella Storia delle Crociate di Runciman si leggono queste parole memorabili:

« Outremer » [vale a dire « oltre il mare », come gli europei chiamavano gli Stati crociati] si trovava in permanenza in bilico tra i corni di un dilemma: doveva la propria origine a una combinazione di fervore religioso e di avventurosa fame di terre, tuttavia per durare nel tempo in condizioni soddisfacenti non poteva rimanere dipendente da un costante afflusso di uomini e di denaro dall'Occidente, ma doveva giustificare economicamente la propria esistenza; e ciò poteva avvenire soltanto stabilendo rapporti con i propri vicini. Se questi erano animati da intenzioni amichevoli ed erano ricchi, anche « Outremer » avrebbe prosperato. Ma ricercare l'amicizia dei musulmani sembrava un completo tradimento degli ideali crociati, e i maomettani, per parte loro, non potevano veramente accettare la presenza di uno Stato straniero e intruso in terre che avevano sempre considerato loro proprie [...] I crociati commisero molti errori, la loro politica era spesso esitante e mutevole, ma non si può far ricadere interamente su di loro la colpa di non essere riusciti a risolvere un problema che era, in realtà, insolubile [Storia delle Crociate, trad, it., Torino 1966, voi. II, pp. 996-7].

E tuttavia Runciman mostra come persino tra i cavalieri della Croce si sviluppò una corrente favorevole all'integrazione del regno nel Medio Oriente, mirante a fare dello Stato crociato un partner del mondo arabo. Oggi la medesima idea fondamentale (di cui noi siamo i portavoce in Israele) sembra avere assai maggiori possibilità di successo.

I sionisti e i loro discendenti israeliani non hanno mai pensato alla loro funzione in termini di guerra santa contro gli arabi. Al contrario: essi sono in maggior parte sinceramente convinti che l'ostilità degli arabi contro il loro Stato poggi su uno spiacevole malinteso. Naturalmente si tratta di un'illusione; ma

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