vano una lingua fatta principalmente di fantasiose bestemmie e imprecazioni, di cui l'arabo è felicemente ricco.

Bracha Chabas narra che David Green si chiese: -« Ma è questo Eretz-Israel, la terra dei nostri padri? ». La scena che veniva incontro ai suoi occhi, alle sue orecchie e alle sue narici era sgradevole sino alla nausea. Gli odori erano cattivi, i suoni gutturali della lingua araba un'offesa per un orecchio coltivato. La città era sporca, le botteghe senza vetri alle finestre. L'intero luogo dava l'impressione di una violenta cacofonia di rumori. Era sconvolgente che nel porto non ci fossero lavoratori ebrei. Gli ebrei della città - i vecchi del luogo così come i recenti immigrati - vivevano in mezzo agli arabi.

Il giovanotto di Plonsk era completamente impreparato a tutto ciò. Gliene venne uno shock tremendo, da cui non s'è mai completamente ripreso. Più tardi avrebbe imparato, più o meno bene, parecchie lingue. Potè raccontare di avere studiato lo spagnolo al solo scopo di leggere il Don Quijote nell'originale, ma non ha mai neppure tentato di imparare l'arabo, lingua imparentata con l'ebraico più stretta-mente di quanto non lo siano il francese o il tedesco con l'inglese. Durante i suoi primi dieci anni come primo ministro d'Israele, quando più del dieci per cento del corpo elettorale era costituito da arabi, Ben Gurion non ha visitato neppure una volta una città o un villaggio arabo, né ha mai ricevuto una delegazione araba. Durante una visita ufficiale alla Nazareth Alta (una città nuova edificata dal suo ministero della Difesa all'esclusivo e confessato scopo di tenere in scacco la vicina Nazareth araba) egli si astenne intenzionalmente dal recarsi nella città araba, la cui popolazione aveva considerevolmente contribuito con il suo voto a costituire la maggioranza governativa in parlamento. Lo scorso anno il « gran¬

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