violentare sua moglie, e non mancano teorie più sinistre. Quale che fosse la verità, la morte di Arlozo-roff aprì la strada a Ben Gurion, che divenne primo ministro sionista, posizione da lui tenuta sino a quando proclamò - in tale veste - l'indipendenza di Israele.

Ben Gurion assunse la guida della nazione esattamente nel momento in cui il sionismo « pratico » aveva ultimato - lavorando soprattutto attraverso il movimento dei lavoratori - la prima fase della sua opera. La comunità ebraica in Palestina contava ora quasi 300 000 persone, dotate di tutti gli attributi di una vera nazione. Entro gli anni immediatamente successivi il terrorismo hitleriano in Germania spinse in Palestina decine di migliaia di ebrei tedeschi, con i loro capitali e il loro bagaglio di conoscenze e capacità tecnologiche. Ne risultò un ulteriore rafforzamento dell'jishuv. L'idea di uno Stato ebraico diveniva attuabile. E in effetti una commissione reale britannica, presieduta da Lord Peel, propose ufficialmente per la prima volta - dopo la « ribellione araba » del 1936 - la spartizione della Palestina e la costituzione di uno Stato ebraico in una parte del paese.

Ben Gurion era ormai il capo della nazione, e una figura di rilievo internazionale. Lo scontro tra la nuova nascente nazione ebraica e il governo coloniale britannico era divenuto inevitabile. Ma Ben Gurion suggeriva prudenza, ed era contrario alla guerra sotterranea dell'Irgun, arrivando a denunciare i suoi combattenti e persino a consegnarli nelle mani della misericordiosa polizia inglese. Ma non si trattava più di una lotta di princìpi: Ben Gurion voleva, esattamente come Jabotinsky, uno Stato ebraico nel più breve tempo possibile. Il contrasto riguardava unicamente il modo più efficace di raggiungerlo.

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