terman, vanno conducendo una decisa campagna per l'annessione di tutti i territori conquistati, allo scopo di « liberare » ciò che costituisce l'« intero Eretz-Israel ». Ben Gurion non ha apertamente aderito a questo punto di vista, ma non l'ha neppure ripudiato. Dopo la guerra dei sei giorni egli concentra invece la sua attenzione su due temi: l'aumento del tasso di natalità della popolazione ebraica e l'espansione dell'immigrazione (s'intende ugualmente ebraica). Ribadendo giorno dopo giorno questi due temi gemelli, accusando Eshkol (l'odiato successore) di negligenza criminale, egli ha invocato la costituzione di una nuova organizzazione ebraica che s'incarichi di stimolare la crescita naturale della popolazione. Ben Gurion insiste che tale funzione non può essere assolta dallo Stato, perché questo non può discriminare tra ebrei e arabi. Solo un organismo rigorosamente ebraico è in grado di incoraggiare la natalità ebraica senza con ciò esser costretto a fare lo stesso con gli arabi. D'altro canto egli vuole che il governo prenda direttamente su di sé la questione dell'immigrazione, dal momento che l'organizzazione sionista che se ne occupa attualmente è - a suo dire - inefficiente, ipocrita e inutile.

Ambedue gli obiettivi sono largamente illusori. Nell'attuale stadio della società ebraica il tasso di incremento naturale annuo della popolazione (oggi equivalente al 22 per mille) non può migliorare in misura significativa. L'immigrazione è giunta da parte sua praticamente a un punto morto, e non è ragionevole attendersi un mutamento rilevante di questa situazione. Anche l'ondata di entusiasmo che percorse il mondo ebraico della Diaspora durante e dopo la guerra dei sei giorni non ha generato alcuna nuova aliyah nel paese.

Ma ambedue queste speranze, per infondate che possano essere, sono essenziali ai sionisti della vec-

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