cittadino. (Abbastanza stranamente, un'alta personalità tedesca riferì lo scorso anno al governo israeliano, dopo una visita al Cairo, che Nasser gradirebbe ancora incontrare il suo vecchio amico Yerucham Cohen.)

Alla luce di tutto ciò, io credo che all'inizio Nasser non avesse né sentimenti né convinzioni politiche antisraeliani. Arrivato al potere completamente impreparato e avendo assunto funzioni di direzione politica senza alcun piano precedente, egli sembra aver avuto una mente aperta, pronta a muoversi in ogni senso secondo le occasioni che si presentavano e i vantaggi di volta in volta ottenibili, pur continuando nel frattempo i consueti attacchi verbali contro Israele. È un peccato che a quel tempo non sia stato fatto alcuno sforzo deciso per sondare la possibilità di raggiungere un accordo con lui. Ma i dirigenti israeliani erano così profondamente convinti che il nazionalismo arabo è una minaccia per il loro paese che la possibilità di un'intesa con un giovane capo nazionalista arabo dovette sembrar loro ridicola.

All'osservatore occasionale la situazione appariva ancora tranquilla, e persino favorevole, quando il 23 giugno 1953 ufficiali israeliani ed egiziani firmarono un accordo in virtù del quale ciascuna delle due parti s'impegnava a restituire senza danni le navi - e i relativi equipaggi - dell'altra parte che raggiungessero inavvertitamente le proprie spiagge. Il 3 settembre una nave greca, la S/s Pamori, proveniente da Haifa e diretta ad Eilat con un carico di asfalto, fu trattenuta a Porto Said, ma dopo qualche giorno le fu consentito di ripartire. Israele considerò il gesto come un passo importante, in quanto rendeva possibile il viaggio Haifa-Eilat attraverso il canale di Suez. Quell'anno durante le festività sacre -ebraiche il generale Naghib si recò personalmente in

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