capaci di intendere il meccanismo del nazionalismo moderno e di riconoscere la realtà dei fatti, la quale indicava chiaramente la sorte del loro impero africano, i francesi credettero ingenuamente che la rivoluzione algerina non fosse che una « manovra » i cui fili venivano tirati da quel sinistro uomo del Cairo. Erano ossessionati dall'idea che era necessario far cadere Nasser, e tutti i nemici di Nasser divennero così automaticamente amici della Francia. Furono immediatamente stabiliti contatti, e l'attacco a Gaza fu certamente un mezzo efficace per ricordare a Parigi dove poteva aprirsi un secondo fronte.

La nascente amicizia tra Parigi e Tel Aviv, divenuta presto un'alleanza politica e militare pienamente articolata, seguì l'ormai tradizionale schema del circolo vizioso. Per gli arabi la Francia era il più nefasto dei tiranni coloniali, che massacrava un intero popolo nel tentativo - vano - di conservare l'Algeria. Per Israele la Francia divenne il fornitore ideale di caccia e di carri armati, di cui gli israeliani avevano un bisogno disperato per far fronte alle vaste riserve di armi sovietiche che andavano accumulandosi nella penisola del Sinai. Minacciando gli arabi e stornando così l'aiuto arabo dai combattenti per la liberazione algerina, Israele poteva ottenere tutte le armi francesi che gli occorrevano. Ma allineandosi alla politica di repressione francese Israele dava nuovo alimento all'odio arabo nei propri confronti, creando così la necessità di armi sempre migliori, più grosse e in quantità maggiore.

Invano in Israele alcuni di noi sostennero che dovevamo correre il rischio di seguire la politica opposta. I ribelli algerini erano ansiosi di ricevere aiuto da Israele (come da qualunque altro Stato). Era possibile creare un rapporto di amicizia nell'ora del loro bisogno, sicché quando essi avessero ottenuto la libertà - come inevitabilmente doveva accadere -

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