3) « raggiungere un'eguaglianza internazionale di diritti nella regione, compresa la libertà di navigazione in tutte le vie d'acqua internazionali »;

4) « definire nuove frontiere, tali da salvaguardare l'integrità territoriale e la sovranità dello Stato »;

5) « creare frontiere che rispettino il legame del popolo ebraico con la sua patria storica »;

6) « sforzarsi di ottenere trattati di pace con gli Stati arabi, nel cui contesto avrebbe trovato soluzione anche il problema dei profughi ».

Se tutto ciò suona alquanto oscuro al lettore inglese, non risultò certo più chiaro all'ascoltatore israeliano che l'udiva nella sua lingua. Il programma potrebbe benissimo significare l'annessione pura e semplice di tutti i territori conquistati. L'espressione « patria storica » è associata presso gli ebrei al concetto dello « Eretz-Israel storico », che include ambedue le rive del Giordano e i relativi territori. La precisazione riguardante il carattere ebraico dello Stato potrebbe significare il rifiuto della cittadinanza agli arabi. D'altronde gli stessi punti, letti in modo diverso, potrebbero significare la costituzione di uno Stato palestinese federato con Israele, o almeno di un'« entità araba palestinese » autonoma, sistemazione che salvaguarderebbe il carattere ebraico e la sicurezza dello Stato istraeliano mantenendo un legame tra Israele e il resto della Palestina. Potrebbero anche a voler dire la restituzione della Cisgiordania al re Hussein, sia pure con qualche rettifica di confine e l'imposizione alla regione di uno statuto speciale.

Qual è l'interpretazione autentica? Nessuno lo sa con certezza, forse neppure Dayan. Molti sono convinti che Dayan pensa sul serio a fare della Cisgiordania una specie di cantone arabo sotto sovranità israeliana, mantenendo così allo Stato il suo carattere ebraico e contemporaneamente aprendo un nuovo territorio alla colonizzazione ebraica; ma nel suo di¬

173