nerdì sino a quando, la domenica sera, appaiono in cielo le prime tre stelle (ma tutti possono viaggiare lo stesso, lungo gli identici itinerari degli autobus, o con mezzi propri o valendosi di un organizzatis-simo servizio di taxi). La legge vieta l'allevamento di maiali in tutto il paese, eccettuate le zone in cui gli arabi cristiani costituiscono localmente la maggioranza, ma si può comprare carne suina dappertutto, e alle tavole calde di Tel Aviv si possono avere sottomano le bistecche di maiale (chiamate eufemisticamente « bistecche bianche » o « bistecche francesi »).

È una situazione ricca di paradossi, che produce controversie e scontri continui, e che risulta estrema-mente fastidiosa per la grande maggioranza della popolazione. Ma è anche una situazione che questa stessa gente accetta come naturale ed inevitabile, forzata a questa conclusione dal concetto della coincidenza di religione e nazione. Solo ripudiando questo concetto il nazionalismo israeliano (fattore la cui importanza nella vita del paese è costantemente crescente) riuscirà alla fine a fare di Israele un normale Stato laico.

La religione svolge anche una parte importante (pur se in buona parte inconsapevole) nella dinamica demografica israeliana. Tutti gli stranieri che arrivano in Israele sono immediatamente colpiti dalla incredibile varietà di tipi razziali osservabile nelle strade delle nostre città. Vi sono ebrei di molti colori, distribuiti lungo l'intera gamma dal bianco nordico al nero etiopico, con in mezzo parecchie gradazioni di bruno. La nostra è con tutta evidenza una società non razzista.

Ognuno che sia considerato ebreo viene facilmente assorbito in Israele. È certamente vero che esiste un notevole fenomeno di discriminazione velata, spesso inconsapevole. Ma non si deve esagerarne l'impor¬

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