istituzioni. Così i partiti divennero, in modo del tutto deliberato, strumenti di controllo dotati di poteri e funzioni per solito spettanti ad organi statali.

I membri di un partito che volessero rompere con esso non potevano limitarsi a votare per un'altra formazione politica. Se, per esempio, facevano parte di un kibbuz appartenente al partito, dovevano lasciarlo, e lasciare il kibbuz significava abbandonare una casa, un lavoro, la sicurezza, una cerchia di amicizie - in pratica tutto ciò attraverso cui si articola la vita di una famiglia - per iniziare un'esistenza completamente nuova nello sconosciuto mondo esterno. (I kibbuzim erano in genere composti da un

gruppo di persone che si conoscevano dall'infanzia, erano arrivate in Palestina insieme e appartenevano allo stesso partito. Sino agli ultimissimi tempi il membro di un kibbuz non poteva appartenere ad un partito diverso da quello dei suoi compagni kibbuz-niks, giacché la comunità stessa era parte integrante dell'organizzazione del partito. Ancor oggi in alcuni kibbuzim del Mapam dopo le elezioni si scatena una sorta di caccia alle streghe per individuare i tre o quattro anonimi dissidenti.) Fuori dei kibbuzim la situazione, pur con caratteristiche alquanto attenuate, non era diversa. Il membro di un partito viveva in un alloggio fornito dal partito, lavorava in un posto procuratogli dalla centrale sindacale del partito e da questa controllato, otteneva prestiti dall'ufficio crediti del partito, leggeva il giornale del partito e frequentava l'ambiente del partito. Rompere la disciplina di partito sarebbe stata una faccenda tremendamente seria.

Gli affari di portata nazionale venivano trattati attraverso accordi tra le segreterie dei partiti. Prima della creazione dello Stato i congressi sionisti, che si riunivano ogni pochi anni in Europa, avevano le funzioni di una specie di parlamento. L'elettività dei

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