sue prerogative in materia di promozione dell'immigrazione, assorbimento degli immigranti, creazione di nuove colonie agricole e sostegno delle vecchie. Quest'enorme attività è ancor oggi gestita dall'Agenzia ebraica.

In questo modo i partiti che governano l'organizzazione sionista possono manipolare cospicue quantità di denaro in piena indipendenza dai controlli imposti dalle normali procedure democratiche. Nessuna meraviglia quindi che per tutti questi partiti il sionismo sia cosa sacra: senza di esso l'Establishment vedrebbe minate le sue stesse basi di esistenza. Per le forze che lo compongono l'idea di un Israele nonsionista è eresia, peccato mortale.

Quanto al rapporto tra partiti e governo, le cose stanno in un modo non molto diverso, anche se i controlli sono assai più rigorosi.

Per fare un esempio, l'economia israeliana funziona secondo uno schema che ha scarsi riscontri. Essa costituisce anzi, a mio giudizio, una creazione originale, che non rassomiglia né al capitalismo né al socialismo. Non esiste un piano generale, come in un'economia socialista pianificata, ma non esiste neppure l'iniziativa privata, come in una società capitalistica avanzata. Il governo esercita un potere assoluto sull'intera attività economica attraverso un meccanismo estremamente complesso di controllo del credito, licenze, concessioni, contingentamenti, sussidi, imposte, controllo monetario e così via; ma tutto ciò avviene senza alcuna commissione centrale di pianificazione, che non esiste sotto alcuna forma. In Israele molta gente si arricchisce, ma nessuno ci riesce se il governo non lo vuole. Gli imprenditori privati, soprattutto se ebrei stranieri, possono ottenere condizioni incredibilmente favorevoli per l'impianto di nuove- attività. In alcuni casi divenuti famosi, dei

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