problemi (e noi tenteremo di farlo), ma occorre anche rendersi conto che nessuna soluzione si rivelerà realistica se non si rimuovono le cause effettive della guerra. In due parole: Israele deve riconoscere la sua appartenenza alla Regione, ed assumere un atteggiamento positivo nei confronti delle aspirazioni nazionali dei popoli arabi; il mondo arabo deve riconoscere che Israele non solo esiste, ma è divenuto una componente legittima e permanente della Regione.

Questo doppio e reciproco riconoscimento è il punto cruciale del problema. Senza di esso tutti i discorsi sulla sistemazione pacifica della Regione sono chiacchiere vuote. Senza di esso qualsiasi intervento straniero o tentativo di mediazione, benintenzionato o malintenzionato che sia, non può riuscire di alcuna utilità. Mediatori, intermediari, negoziatori di pace possono in alcune fasi rivestire un'importanza di messaggeri, ma non possono in alcun modo sostituire il confronto diretto tra Israele e gli arabi.

Quali arabi?

Questo importante quesito è spesso trascurato. A mio giudizio la risposta è che si tratta, innanzitutto, della nazione arabo-palestinese.

Nel Medio Oriente il quesito se gli arabi costituiscano un'unica nazione oppure un gruppo di nazioni è un problema aperto. In altre parole, la questione è di sapere se gli arabi possono o debbono unirsi in un unico grande Stato che si estenda dalle sabbie del Marocco alle frontiere dell'Iran, o se debbono mantenere la pluralità di Stati separati esistente. L'idea dell'unità è connaturata al movimento nazionale arabo. Gli arabi guardano con nostalgia al tempo - glorioso ma breve - in cui tutto il mondo arabo (e anzi l'intero mondo islamico) era unificato sotto l'autorità del califfo. In epoca contemporanea sia il partito Ba‘th (Resurrezione), che ha il suo cen¬

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