tro in Siria, sia Nasser si sono fatti portavoce dell'idea di un grande Stato arabo unificato. Ma quest'idea sembra aver fatto fallimento: analogamente a quanto avviene in Europa e in Africa (e persino all'interno del blocco sovietico) gli Stati minori rimangono attaccati alla propria particolare esistenza politica e ai propri particolari interessi, anche quando proclamano l'idea di una più ampia unità su scala regionale.

Ogni popolo arabo ha il proprio Stato, con un'eccezione: il popolo palestinese. Questo popolo fu il grande sconfitto della guerra del 1948. Lo schema di spartizione originariamente formulato dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947

prevedeva la costituzione di uno Stato arabo indi-pendente in quelle parti del territorio palestinese che non erano state assegnate allo Stato ebraico. Ma non se ne fece mai nulla. La guerra, iniziata dagli stessi arabi di Palestina al fine di impedire la spartizione del paese e la creazione dello Stato di Israele, determinò una situazione nuova. Nel corso del conflitto, che Israele non aveva voluto, gli israeliani conquistarono una parte dei territori originariamente assegnati agli arabi. Gli Stati arabi confinanti, che inviarono i propri eserciti in Palestina per aiutare il popolo fratello, finirono con l'annettere quel che rimaneva della regione palestinese. A guerra finita la Palestina aveva così cessato di esistere come entità politica: essa si ritrovò divisa tra Israele, Egitto e Giordania. Ma continuò ad esistere come realtà morale. I palestinesi non si rassegnarono ad un destino che significava la fine della loro identità nazionale. In Giordania, nella striscia di Gaza, nei campi di profughi sparsi per l'intera Regione, l'idea della Palestina era ancora viva. Gli Stati arabi la sfruttavano nella loro lotta contro Israele e nelle contese intestine, ciascuno tentando di assumere a forza il ruolo di patrono della

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