il gesto di riconciliazione tra Israele e la nazione arabo-palestinese che dev'essere il primo passo - e non già la conclusione - della sistemazione pacifica della Regione. Noi proponemmo un piano particolareggiato basato sui seguenti princìpi:

1) Israele riconosce il principio del diritto dei profughi arabi a rientrare in territorio israeliano;

2) ogni profugo dev'essere richiesto, individualmente, di scegliere liberamente tra il rimpatrio e l'indennizzo;

3) i profughi che optano per il ritorno saranno rimpatriati a scaglioni lungo un periodo di dieci anni (ogni anno un decimo del totale);

4) i rimpatriati verranno sistemati e riforniti di nuovi mezzi di sostentamento nelle città e nei villaggi, come avviene per gli immigranti ebrei (non sarebbe possibile far tornare i profughi ai loro vecchi luoghi e case, la maggior parte dei quali ha cessato di esistere da lungo tempo, senza trasferire centinaia di migliaia di cittadini israeliani, sconvolgendo l'intera economia del paese);

5) i profughi che ritornano diventeranno automaticamente cittadini israeliani a pieno titolo;

6) gli indennizzi a coloro che rinunciano al diritto di tornare debbono essere determinati in base a criteri fissati in anticipo. I pagamenti sarebbero fatti in valuta pregiata, per risarcire la proprietà abbandonata, le perdite subite come mezzi di sussistenza, possibilità di istruzione venute a mancare, e così via;

7) l'insediamento dei profughi rimpatriati e l'indennizzo a coloro che scelgono di non tornare nel paese sarebbero finanziati con fondi internazionali;

8) l'intero piano avrebbe il carattere di un'iniziativa esclusivamente israeliana, senza interferenze straniere, e non sarebbe condizionato ad alcun accordo politico preliminare;

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