evento appare in realtà inevitabile. Finché il circolo vizioso continua a dominare la scena, con Israele che ad ogni istante teme di essere attaccato, nessuno può ragionevolmente aspettarsi che il gruppo dirigente israeliano si astenga ancora per lungo tempo dal produrre l'arma finale (impresa che Israele può realizzare, a giudizio di numerosi esperti, nel giro di pochi mesi). D'altronde in questa situazione i capi arabi, timorosi di un'ulteriore espansione israeliana, non possono tollerare di rimanere senza bomba mentre Israele la possiede. Se Israele produce la bomba, è ovvio attendersi che almeno l'Egitto e la Siria siano disposti a pagare qualsiasi prezzo, compresa la rinuncia ad una parte dell'indipendenza nazionale, per procurarsi la bomba dall'Unione Sovietica o dalla Cina. Occorre anche tenere presenti le possibilità di sviluppo di un'alleanza franco-araba. Israele cominciò a costruire il proprio potenziale nucleare appunto all'apogeo della sua alleanza con la Francia. Qualcuno è convinto che il possesso della bomba atomica da parte sia di Israele che degli arabi sarebbe garanzia di pace, analogamente a quanto avviene tra Stati Uniti e Unione Sovietica con l'equilibrarsi dei rispettivi deterrenti. Ma si tratta di un errore estremamente pericoloso. Se c'è qualcosa che la guerra del 1967 ha dimostrato con incontestabile evidenza, è il fatto che nella esplosiva situazione mediorientale un conflitto può scoppiare in ogni momento senza che nessuno lo voglia. Inoltre, diversa-mente - almeno così si spera - dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica, in tutti gli Stati del Medio Oriente il potere potrebbe trovarsi a cadere nelle mani di un avventuriero sfrenato. Nella nostra Regione lo status quo è in realtà un equilibrio fragilissimo.

Nell'elenco scritto sulla tovaglia del nostro tavolo di ristorante non figurava un'altra soluzione teo-

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