Poiché da parte araba non veniva alcun segno di incoraggiamento, il resto del paese si accontentava di attendere. Annessionisti e antiannessionisti si neutralizzavano. Il che non era poi una situazione troppo cattiva: il freno che rappresentammo allora contro la corrente annessionista rimane a tutt'oggi il nostro maggiore successo.

Lentamente, impercettibilmente, lo spirito pubblico mutava. Sciovinismo e annessionismo lasciavano il posto a qualcosa di diverso. Era l'inizio della terza fase d'Israele: quella che stiamo vivendo.

Come definirla? Il problema si presenta a prima vista difficile. Si tratta di una condizione di spirito che consiste nel disperare della pace. Essa domina l'opinione pubblica e conduce ad una guerra senza fine. Lungi dall'abbandonarsi ad essa malvolentieri, gl'israeliani l'accettano con una sorta di sollievo. La paura dell'ignoto fa loro preferire una situazione divenuta familiare e consueta.

La morte di Levi Eshkol segna l'inizio di questo mutamento. Come ogni buon sionista, Levi Eshkol era eccessivo e cocciuto nelle sue idee. Ma aveva un'apparenza di bonomia che poteva stimolare qualche illusione sulla sua disponibilità a una soluzione di compromesso. Golda Meir non consente alcuna illusione del genere. Le idee di questa istitutrice inflessibile e virtuosa sono costituzionalmente immutabili.

In che cosa consiste questa nuova condizione dello spirito pubblico? Ecco come si esprimerebbero al riguardo nove israeliani su dieci, interrogati a caso per la strada: « Gli arabi non hanno mai desiderato la pace. Essi non riconosceranno mai resistenza di Israele. La pace è un'illusione pericolosa. Se non hanno fatto la pace nel 1967, dopo una disfatta terribile, vuol proprio dire ch'essa è impos-

282