Essa è però scartata dal nostro governo, dai nostri partiti, dal nostro Establishment, i quali tutti pensano, respingendola, di potervi sfuggire.

Se l'Establishment sionista fosse posto di fronte alla scelta tra pace e annessione, le contraddizioni interne lo lacererebbero. Da un lato c'è la tentazione di uno Stato ebraico assolutamente omogeneo, dall'altro la prospettiva di nuovi territori disponibili per una ulteriore colonizzazione. Da una parte un desiderio di pace, dall'altra una diffidenza profonda per tutti gli arabi, senza eccezione.

L'attuale governo conta 22 ministri. Non ce n'è tra loro neppure uno che sia disposto a fare la pace senza annessione. I 22 membri del gabinetto, alcuni dei quali sono in carica da molto tempo prima della guerra dei sei giorni, possono essere divisi in tre gruppi:

1. Coloro che vogliono annettere tutti i territori occupati. Alla loro testa c'è Menahem Begin, leader dell'Herut. Questo gruppo comprende circa un quarto dei membri del gabinetto (qualcuno di loro pretende di essere considerato di sinistra).

2. Coloro che vogliono annettere una gran parte dei territori occupati, ma non tutti. Costoro concordano più o meno tutti con il « piano Allon », il quale chiede l'annessione dell'altopiano di Golan, di tutta la valle del Giordano sino a Gerico esclusa e di alcune zone collocate lungo l'antica frontiera presso Latrun e Kalkiliah, dell'intera area di Gerusalemme, della riva occidentale del Mar Morto sino a Elebron, della striscia di Gaza, del Sinai settentrionale con E1 Arish, della costa del Mar Rosso compreso Sharm esh-Sheikh. Insomma tutti i territori conquistati eccettuato il Sinai meridionale e le zone abitate intorno alle città di Nablus e di Elebron.

Questo gruppo comprende la grande maggio¬

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