i capi di grandi famiglie, i sindaci e gli ex funzionari dell'amministrazione giordana si trovano uomini di notevole chiaroveggenza. Ma sono divisi in varie tendenze.

La prima è quella dei palestinesi che si proclamano giordani. Per costoro uno Stato palestinese è cosa priva di senso. Vogliono tornare alla Giordania (e alcuni sottintendono: « dopo aver rovesciato il suo regime »). Questi « giordani » sono numerosi soprattutto a Nablus.

La seconda, sostenuta soprattutto a Hebron e a Ramallah dai capi più rispettati, afferma la linea seguente: il solo modo per i palestinesi di liberarsi è di prendere nelle proprie mani il proprio destino e di creare uno Stato palestinese che tratti direttamente con Israele, senza passare attraverso la mediazione degli Stati arabi (accusati di aver rovinato invano la loro vita).

Infine è presente una tendenza intermedia: quella di coloro che sono bensì per uno Stato palestinese in pace con Israele, ma vorrebbero riceverlo dalle mani di Israele, dopo di che essi andrebbero al Cairo ad ottenere l'assenso degli Stati arabi e il placet di Nasser. Se Israele avesse fatto una proposta del genere, questo sogno sarebbe divenuto realtà. Di ciò sono convinto; e del resto il nostro piano di pace (vedi Appendice, p. 339) è già stato accettato come base di negoziati dalla maggior parte dei leader palestinesi. Alcuni di costoro non esitano ad esprimere chiaramente le loro intenzioni, ma non riescono a costituire un fronte unitario palestinese capace di realizzarle. D'altronde il governo israeliano è, come abbiamo visto, generalmente sfavorevole a questo orientamento. Esso si rende ben conto che una pace tra Israele e i paesi arabi non potrebbe poggiare che sul ritorno alle frontiere del 4 giugno 1967, e nel gabinetto di Tel Aviv non si troverebbe un solo ministro disposto

290