Essi sono: la ritirata di Israele entro le frontiere del 4 giugno, salva qualche piccola probabile rettifica di confine intorno a Latrun, Kalkiliah, ecc.; una soluzione del problema di Gerusalemme che soddisferebbe sia la determinazione israeliana a conservare il controllo della città unificata sia la volontà araba di mantenervi presenza e sovranità; la demilitarizzazione di tutti i territori restituiti; il mantenimento dello status quo sull'altopiano di Golam finché la Siria muti atteggiamento; l'annessione della striscia di Gaza da parte della Giordania (oppure la sua internazionalizzazione); il riconoscimento da parte araba sia delle frontiere che della sovranità e dell'integrità d'Israele; la cessazione dello stato di guerra (e con esso del boicottaggio arabo); la libertà di transito attraverso il canale di Suez e lo stretto di Tiran per il naviglio israeliano. Quanto al problema dei profughi, si verrebbe ad una soluzione di compromesso comprendente il ritorno di una parte di essi in Israele e un indennizzo a tutti gli altri. Le nuove frontiere riceverebbero una garanzia internazionale.

Ansiosi di metter fine allo status quo, Nasser e Hussein hanno già dato il loro assenso di massima a questo piano di pace. Ma il leader egiziano è nell'impossibilità di sedersi al tavolo del negoziato. Agli occhi del mondo arabo egli è vincolato al suo rifiuto di trattare con Israele, mentre dal canto suo quest'ultimo respinge ogni accordo che non sia preceduto da negoziati diretti e conclusi da un trattato di pace secondo tutte, le regole.

In questa situazione, la strategia Sisco-Yost consiste nel procedere per tappe successive:

1. Ottenere l'accordo delle due superpotenze dopo che ciascuna abbia consultato i propri protetti;

2. Consolidare l'accordo con una dichiarazione delle quattro potenze;

3. Invitare israeliani e arabi a partecipare alla

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