ed eccitante. Lo conoscevamo dai libri, dalle storie meravigliose che ci avevano letto ad Hannover i nostri insegnanti del movimento giovanile sionista.
E i nostri genitori, che cosa sentirono in quel momento? Me lo sono chiesto spesso. Che immenso coraggio deve essere stato il loro! Ecco mio padre, che per 45 anni aveva condotto una vita ordinata e tranquilla, ed ora si apprestava, gravato dal peso di una moglie e di quattro figli, ad iniziare una vita completamente nuova in uno strano paese, dove doveva lottare con le parole di una strana lingua (che non sarebbe mai riuscito ad imparare).
Era un paese duro, e una vita diversa. Il piccolo capitale che mio padre aveva portato con sé andò rapidamente perduto in vari tentativi falliti. Egli si rifiutava di investire il suo denaro in beni immobili nel nuovo paese, e non voleva avere niente a che fare con il commercio, l'attività bancaria e le speculazioni. Alla fine del primo anno la nostra situazione era disperata. Come risorsa estrema, mio padre e mia madre misero su una lavanderia con consegna a domicilio, dove lavoravano entrambi dodici ore al giorno. E così continuarono per diciotto anni, finché mio padre morì ucciso dalla fatica.
Molto tempo prima egli aveva saputo che tutti i nostri amici e parenti, che ci avevano preso in giro quando eravamo partiti, erano morti negli anni terribili che gli ebrei battezzarono come il periodo dell'Olocausto. Più tardi, quando mi occupai come giornalista del processo Eichmann, il pensiero mi tornò a mio padre, la cui intuizione aveva salvato le nostre vite. Ho per lui una profonda gratitudine. Lo ricordo sulla bicicletta, col suo carico di panni, stanco morto eppure irrefrenabilmente allegro, felice come non era mai stato ad Hannover dietro la sua scrivania di dirigente. Egli fu un vero essere umano.
In Palestina fui mandato da ragazzo per alcuni