anno di riflessioni il gruppo pubblicò il Manifesto ebraico, un programma in 126 punti che comprendeva: la creazione di una federazione palestinese e una grande confederazione semitica che coprisse tutto il Medio Oriente, il ritorno dei profughi e molte altre delle cose per cui ci eravamo battuti dal 1950 in poi sulle colonne di « quel certo settimanale ». L'Azione Semitica non assunse mai un'importanza politica, ma la sua voce era forte e chiara.
La creazione di una forza politica vera e propria venne nel 1965, a coronamento della battaglia del giornale. Il governo Eshkol promulgò, sotto la pressione dei partiti religiosi, una legge speciale mirante a colpire lo stile spregiudicato del giornale. Questo avveniva alla vigilia delle elezioni, e fu il fatto che mi spinse nella politica parlamentare. Incoraggiati dalla protesta pubblica contro una mossa così clamorosamente tesa a mettere il bavaglio alla rivista, presentammo alle elezioni del 1965 una lista nostra. Dopo una febbrile campagna elettorale, ricevemmo l'1,2 per cento dei voti, quanto bastava per farmi entrare - da solo - nella Kenesset, il parlamento israeliano. Significativamente e paradossalmente, la nostra percentuale di voti fu assai più alta della media nazionale in tre settori della popolazione: l'esercito, gli arabi che vivono in Israele e un gran numero di comunità di confine. I giovani e i forti volevano qualcosa di nuovo, e ci offrirono l'occasione di costruirlo.
Nei due anni che separano la mia elezione dalla guerra di giugno io ho portato in parlamento le idee proposte da « Ha' olam Hazeh », vale a dire le idee che sono il frutto dell'esperienza della mia generazione, e che tenterò ora di definire.