scire ». Nel 1882 Leo Pinsker pubblicava il suo libro Autoemancipazione, altra pietra miliare sulla via che avrebbe condotto al sionismo.
Mentre i giovani intellettuali ebrei venivano da tutta l'Europa orientale e centrale ad incontrarsi in febbrili assemblee in cui facevano piani per la loro nuova avventurosa vita palestinese, gli ufficiali arabi dell'esercito turco e gli intellettuali arabi di Beirut e Damasco tenevano riunioni clandestine, complottavano contro i turchi e cercavano la strada che consentisse di raggiungere la indipendenza araba. Nessuno dei due gruppi aveva la minima idea dell'esistenza dell'altro.
Qui si impongono all'attenzione alcuni grandi « se ». Che cosa sarebbe successo se i sionisti, prevedendo in qualche modo la grande rivoluzione
afroasiatica del nuovo secolo, si fossero identificati con il suo spirito? E se avessero guardato a se stessi come ad un antico popolo semitico che tornava nella sua patria imbevuto di amore fraterno per il popolo fratello che abitava la regione? E se fossero divenuti i capi di una grande rivoluzione nazionale mediorientale, la punta di lancia nella lotta della regione contro la dominazione e l'imperialismo stranieri? Una generazione più tardi questo sarebbe potuto accadere. Ma alla fine dell'Ottocento il nazionalismo arabo non era che un seme ancora nascosto nel suolo, la cui presenza passava inosservata all'occhio dell'osservatore superficiale, specialmente quando quest'osservatore era collocato nella lontana Europa.
Il nazionalismo arabo era un'ideologia semplice. Non aveva di fronte le difficoltà terribilmente complesse con cui doveva fare i conti il sionismo: non c'era il problema né di spostare un popolo, né di creare un nuovo linguaggio, né di organizzare una