presa colonizzatrice del sionismo, quest'ultimo provvedeva a fornire alla Gran Bretagna una valida giustificazione morale per tenersi la Palestina, a dispetto degli impegni già assunti da Londra con francesi e arabi. (In virtù dell'accordo concluso tra F. Georges-Picot, per la Francia, e Sir Mark Sykes, per la Gran Bretagna, e ufficialmente riconosciuto nelle note scambiate tra Francia, Gran Bretagna e Russia nell'aprile 1916, si stabiliva che la Siria veniva assegnata alla Francia e l'Iraq e la Transgiordania, insieme alla Palestina meridionale, alla Gran Bretagna. Ma la Palestina settentrionale e centrale, esclusa la baia di Haifa, ma comprese Gerusalemme, Giaffa e Gaza, divenivano una zona internazionale. Più tardi, nel febbraio 1917, alcuni dirigenti sionisti, guidati dal veterano Nahum Sokoloff, si incontrarono, dietro sollecitazione di Sir Mark Sykes, con Georges-Picot e tentarono di persuaderlo ad accettare l'inclusione della Palestina nella sfera d'azione britannica.) Poiché Parigi era divenuta la grande rivale di Londra nel Medio Oriente, per gli inglesi era essenziale contenere l'influenza francese nella zona e mettere saldamente le mani sulla Palestina e la Transgiordania, importanti non solo come basi per la protezione del canale di Suez, ma anche come sbocchi del petrolio iracheno.
Nulla ha mai causato nel mondo arabo tanto ri-sentimento quando la dichiarazione Balfour. Gli arabi la giudicano ancor oggi un perfido tradimento, una flagrante violazione degli impegni assunti nello stesso periodo verso di loro. Anche la loro profonda convinzione che Israele è un prodotto del colonialismo e una creatura degli imperialisti proviene diretta-mente dalla dichiarazione Balfour. Si tratta naturalmente di una deformazione: se è vero che la Gran Bretagna utilizzò il sionismo per i suoi interessi coloniali, è altrettanto certo che i sionisti utilizzarono