Capitolo quinto

CROCIATI E SIONISTI

Nel settembre 1967, in occasione del settantesimo anniversario del primo congresso sionista, il generale Yitzhak Rabin fu invitato a tenere un discorso in un'assemblea commemorativa dell'avvenimento, svoltasi a Basilea nella medesima sala dell'antico congresso. Avviandosi a terminare, il vincitore della guerra dei sei giorni ebbe un'uscita che sbalordì tutti: confrontò Israele con il regno crociato di Gerusalemme, traendo la conclusione che per lo Stato d'Israele il pericolo principale è costituito dalla riduzione dell'immigrazione, proprio come lo Stato dei crociati era decaduto per la mancanza di sangue nuovo.

Ad un estraneo questo concetto può non sembrare particolarmente strano, ma per un israeliano (per giunta capo di Stato Maggiore) paragonare Israele ai crociati significa quasi cadere nell'eresia. Una prima ragione sta nel fatto che l'israeliano medio conosce pochissimo del bisecolare soggiorno dei crociati in Palestina, e invece moltissimo su ciò che essi fecero lungo il cammino. Le atrocità compiute dai crociati - e da coloro che si pretendevano tali -

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