Gurion a chiedere una politica più attiva nei confronti dell'Egitto era cominciata un anno prima, quando un gruppo di giovani ufficiali - in maggioranza veterani della guerra palestinese - aveva rovesciato il re Farùk. Il gruppo era guidato dal generale Muhammad Naghib, un uomo di mezz'età, tranquillo e fumatore di pipa, che a quel che pare riscosse le simpatie di Ben Gurion. E sta di fatto che Ben Gurion si offrì pubblicamente di andare in volo personalmente al Cairo per discutere la pace tra i due paesi. L'offerta fu naturalmente ignorata: nessun

uomo politico arabo avrebbe osato riconoscere Israele senza avere in mano, a rischiarare l'atmosfera, almeno la soluzione del problema dei profughi. Nel corso dell'anno era divenuto a poco a poco evidente che il gradevole Naghib era solo l'uomo di paglia della rivoluzione egiziana. Stava emergendo una personalità nuova e totalmente diversa: quella del Bik-bashi (tenente colonnello) Gamal Abd-el-Nasser, un giovane ufficiale alto di statura, di bell'aspetto e di gran lunga troppo dinamico.

Verso quest'uomo Ben Gurion sembra aver avuto sin dagli inizi un atteggiamento ambivalente, atteggiamento di cui ha contagiato l'intero Israele e che persiste tuttora. Si tratta di una mescolanza di ammirazione e di odio, del sentimento che quest'uomo è il più capace, e quindi il più pericoloso, tra tutti i leader arabi. Sottesa a ciò stava la convinzione profonda che la pace era impossibile perché gli arabi non la volevano, e avrebbero continuato a non volerla. Stando così le cose ogni tendenza verso l'unità, il progresso e l'efficienza degli arabi - cosa che probabilmente Nasser rappresentava - non poteva che aggravare la minaccia per Israele. (Come la maggior parte degli israeliani, Ben Gurion era persuaso che l'iniziativa della pace spettasse interamente agli arabi, e che Israele non potesse fare nulla al riguardo. La pace

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