di guerra frettolosi) Dayan è l'uomo che ha deciso e condotto da solo la guerra, una sorta di novello Giulio Cesare che « venne, vide e vinse », il genio militare, la volpe del deserto. Per altri egli è invece soltanto l'uomo delle trovate pubblicitarie, l'ultimo venuto il cui vero genio riguarda il campo delle pubbliche relazioni. Levi Eshkol ha affermato che Dayan ha bensì esercitato effetti salutari sul morale, ma non ha avuto nulla a che fare con la condotta della guerra in senso stretto.
La verità va cercata in qualche punto tra queste due posizioni estreme. È vero che Dayan irritò molta gente con la sua inclinazione a farsi pubblicità e a rivendicare a se stesso meriti indebiti (o perlomeno a non smentire quelli attribuitigli dai corrispondenti stranieri convinti che il generale con un occhio solo sarebbe stato per il pubblico un richiamo assai maggiore di un qualsiasi anonimo militare professionista). Nel corso delle stesse operazioni belliche, Dayan sembra aver avuto abbastanza tempo per correre qua e là come una cometa errante, trascinandosi dietro un nutrito corteo di ufficiali addetti alle pubbliche relazioni, giornalisti e fotografi incaricati di immortalarlo: il tutto sotto la copertura delle unità combattenti che avanzavano.
Ma sarebbe ingiusto negare il ruolo effettivo svolto da Dayan in questa drammatica vicenda.
Con la preparazione dell'esercito alla guerra egli non ebbe nulla a che fare (era rimasto fuori dalle forze armate per dieci anni). Un gruppo nuovo, composto dagli ufficiali più giovani della guerra del 1948, aveva costruito un esercito efficiente, professionistico e ben addestrato, equipaggiato con i mezzi resi necessari dalla tattica che si era deciso di adottare in caso di guerra. L'esercito d'Israele crede nell'improvvisazione, metodo assai confacente al carattere nazionale; non ci sono quindi grandi piani generali, ma