scorso figurano passi che rappresentano un netto ritorno alle concezioni del vecchio combattente anti-arabo.
Pochi giorni prima del congresso Rafi lo scrittore Yishar Smilansky, eminente membro del partito, aveva duramente attaccato quei poeti che stanno reclamando a gran voce l'annessione dei territori conquistati e la ricostituzione dell'« intero Eretz-Israel ». Dayan nel suo discorso manifestò un netto disaccordo da Smilansky, appoggiando le argomentazioni di coloro che propongono il concetto del « Grande Israele ». In un passo rivelatore così si espresse: « Personalmente, io sono stato allevato nello spirito del motto " dunam dopo dunam, capra dopo capra ", e non in quello dello slogan " La Giudea cadde nel sangue e nel fuoco, e nel sangue e nel fuoco risorgerà ". Ma sta di fatto che a cominciare dal 1936 tutto ciò che abbiamo conquistato è stato ottenuto dalla forza delle armi ».
Come abbiamo visto, il « dunam dopo dunam » era la parola d'ordine del movimento colonizzatore ispirato al socialismo sionista, l'ala « pratica » del sionismo cui la famiglia Dayan apparteneva, mentre la canzone sul sangue e sul fuoco era cantata dal-l'Irgun e dai « revisionisti », che si opponevano a quella versione del sionismo. (Si ricordi che il 1936 è l'anno dell'esplosione della ribellione araba.) Sposando retrospettivamente il principio dell'ala avversaria, Dayan proclamava una dottrina che può condurre alla seguente conclusione: se sinora tutto è stato ottenuto con la guerra, perché oggi dovremmo interessarci alla pace? perché non dovremmo aspettarci nuovi guadagni da guerre future?
Dayan non è arrivato a questo, ma ha respinto, nello stesso discorso, ogni speranza di pace con gli arabi nel futuro prevedibile. Con parole che ricordano l'elogio funebre di Roy Rotenberg, egli dichiarò che