funzionario egiziano così impostò, in una conversazione con me, la questione:
Che cosa vuole Israele da noi? Solo il riconoscimento della legittimità della sua esistenza. Da parte nostra noi chiediamo molte cose specifiche: la ritirata dalla linea del cessate il fuoco, il rimpatrio dei profughi, e così via. Accettando trattative di pace dirette noi già concediamo ad Israele il riconoscimento. In altre parole, noi vi daremmo in anticipo ciò che vi interessa, senza avere nulla in cambio. Dopo un simile errore da parte nostra, Israele potrebbe dichiarare, al tavolo delle trattative, che non intende fare alcuna concessione. È perciò evidente la necessità di trattative preliminari segrete, condotte da intermediari. Noi dobbiamo sapere a che cosa Israele è disposto a rinunciare in cambio del riconoscimento, prima che un qualsiasi leader arabo possa compiere una mossa pubblica.
Si è formato, come si vede, un nuovo circolo vizioso, che consente sia a Israele che agli Stati arabi di rinviare ogni cosa.
Il rinvio ha l'ulteriore effetto di congelare il dibattito all'interno di Israele, con l'infelice conseguenza che nessuno conosce i veri orientamenti dell'opinione pubblica. La lotta tra partigiani dell'annessione e partigiani della federazione spacca quasi tutti i partiti. I portavoce del « Grande Israele » fanno più chiasso, e godono di un sostegno assai maggiore da parte della stampa a circolazione di massa. Ma i sostenitori dell'idea di una federazione palestinese sono assai più numerosi e influenti di quanto potrebbe sembrare a prima vista. È significativo che molti di essi appartengano ai gradi superiori dell'esercito, il quale costituisce, diversamente dalla maggior parte degli eserciti, uno dei fattori meno sciovinisti e più equilibrati della scena israeliana. I governatori militari che am¬