dalla comparsa in Palestina dei primi coloni sionisti, siamo stati noi a prendere l'iniziativa, mentre gli arabi si sono limitati a reagire ai nostri atti. Spetta perciò a noi mutare, con gesti accuratamente meditati, il clima di odio e di sospetto che regna nel Medio Oriente.

Possiamo cominciare aiutando gli arabi palestinesi a creare il loro Stato e a sistemare i profughi. Possiamo assumere nella Regione una posizione completamente nuova fornendo un appoggio sia morale che di azione concreta agli obiettivi del nazionalismo arabo, attraverso mille piccoli atti ciascuno di per sé insignificante ma che presi insieme contribuirebbero ad un graduale miglioramento dell'atmosfera. Integrando sul serio gli arabi israeliani nel quadro del nostro Stato e trasformando quest'ultimo in una società pluralistica possiamo mostrare al mondo arabo un volto nuovo, in cui gli israeliani arabi rappresentino Israele, a fianco degli israeliani ebrei, in ogni campo ed occasione, dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite alla squadra nazionale di calcio.

Nulla può mutare in un istante. All'inizio ogni nostro atto apparirà sospetto, e sarà denunciato come una nuova trappola sionista. Ma lentamente, attraverso un'azione concertata, il sospetto cadrà lasciando il posto alla fiducia, e prenderà forma la cornice psicologica che renderà possibile una nuova politica araba.

Ma il fattore tempo ha la sua importanza.

Lungo le linee dei fronti dell'ultima guerra, congelate da un precario cessate il fuoco, si annidano i pericoli, si odono intermittenti le fucilate.

Gli eserciti che si fronteggiano dalle due parti della linea del cessate il fuoco stanno armandosi rapidamente. Tutti giudicano una nuova guerra come praticamente certa, e lasciano in sospeso soltanto il

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