Per comprendere esattamente la forza relativa dei vari partiti non basta tener conto del loro peso numerico come è rappresentato dai seggi detenuti alla Kenesset. Occorre soprattutto prendere in considerazione la loro collocazione strategica sulla mappa politica. Una piccola formazione può benissimo esercitare un potere che oltrepassa di molto la sua forza numerica soltanto perché la sua posizione al centro dello schieramento ne fa il partner ideale in sede di formazione delle coalizioni di governo. Inversamente, un partito di dimensioni assai maggiori, ma collocato presso un'estremità del ventaglio, può disporre di un'influenza minore rispetto al precedente per la sola ragione che la sua posizione afl'interno dello schieramento generale ne indebolisce la forza di contrattazione.
Quindi una mera elencazione di tutti i partiti israeliani non rispecchierebbe la realtà della vita politica. Allo scopo di dare di questa un'immagine più precisa ho elaborato la tavola 1 (vedi p. 343), che mostra la composizione dell'attuale Kenesset (prima della recentissima fusione dei tre partiti operai) non soltanto nei termini del numero di seggi detenuto da ciascun partito, ma anche in quelli della loro col-locazione all'interno dell'arco politico complessivo.
Un così elevato numero di formazioni politiche non può evidentemente esistere che in grazia di un sistema elettorale proporzionale. L'intero paese costituisce un'unica grande circoscrizione elettorale, e i 120 seggi della Kenesset sono ripartiti in proporzione al totale nazionale dei suffragi ottenuti da ciascuna lista. Le liste che non raggiungono l'I per cento dei voti non sono ammesse alla ripartizione dei seggi. Nei partiti più grossi c'è gente che propone l'elevazione di tale quorum al sei o sette per cento, il che consentirebbe di eliminare dalla Kenesset alcuni individui esasperanti, come ad esempio chi scrive.