Sino alla recente fusione il Mapai (sigla costituita dalle iniziali della denominazione ebraica per Partito dei lavoratori di Eretz-Israel) ha occupato, al centro della mappa politica, la posizione maggioritaria. Il suo nome risale a prima della creazione dello Stato d'Israele, quando il paese si chiamava Palestine in inglese e Eretz-Israel in ebraico. Il Mapai deteneva un potere immenso, e non soltanto in grazia della sua qualità di partito largamente maggioritario (in quanto tale responsabile della formazione delle coalizioni di governo), ma anche perché era collocato al punto di intersezione di tutte le linee ideologiche.
Data la situazione descritta, esso aveva di fronte una gamma infinita di combinazioni possibili per la formazione di una maggioranza, ed era in grado di ricorrere a qualsiasi pensabile mescolanza di elementi di destra, di sinistra o religiosi per creare nella Ke-nesset una coalizione stabile sotto la sua direzione.
Il Mapai non rappresentava che un terzo dell'elettorato (più o meno). Eppure i suoi membri occupavano di fatto tutte le posizioni-chiave dello Stato, dalla presidenza alla segreteria generale dell'Histad-rut, passando per le cariche di primo ministro, ministro delle Finanze, della Difesa e degli Affari esteri.
Poiché il Mapai non ha mai accettato arabi all'interno del partito, i suoi fiancheggiatori arabi sono stati forzati a costituire liste proprie. Nel corso delle ultime elezioni due di tali liste hanno ottenuto complessivamente quattro seggi alla Kenesset. Ma questi deputati arabi sono in effetti dei funzionari del Mapai, designati per ragioni tattiche dall'ufficio del partito per gli affari arabi e interamente soggetti alle sue decisioni. Seggono insieme agli altri gruppi del Ma-pai, votano automaticamente in conformità alle direttive del partito, e si prendono solo di rado la briga di partecipare ai dibattiti della Kenesset.
In ciò differiscono completamente dagli altri de¬