gendo il quorum per l'ammissione di strettissima misura, con l'I per cento esatto dei suffragi. In seguito il Maki si è costantemente avvicinato al punto di vista sionista, tanto che alcuni l'hanno derisoriamente soprannominato Partito sionista comunista.

L'altro gruppo comunista si è mosso in direzione opposta. Vi hanno aderito tutti i comunisti arabi e una parte di quelli ebrei. La nuova formazione (in sigla, Rakah) tiene ad essere chiamata Partito comunista israeliano tout court.

Il Rakah ha assunto in maniera assai netta la posizione corrispondente a quella dei partiti comunisti dei paesi arabi, i quali dal canto loro denunciano la guerra dei sei giorni come un'aggressione israeliana e reclamano il ritiro dell'esercito di Tel Aviv dai territori occupati. Esso si uniforma rigidamente alla linea sovietica, ed è attualmente l'unico partito israeliano che possa essere considerato come membro

ortodosso nel movimento comunista internazionale diretto da Mosca.

Gli arabi israeliani aderiscono in maggioranza - apertamente o in segreto - a questo partito, ma tale realtà si rispecchia solo parzialmente in sede elettorale a causa delle pressioni esercitate nei villaggi da una società araba ancora fondamentalmente patriarcale.

A destra il gruppo più moderato è il Partito liberale indipendente, così chiamato perché separatosi qualche anno fa dal Partito liberale. I liberali indi-pendenti sono una piccola organizzazione, basata sulle campagne e sugli elementi borghesi moderati delle città. I loro capi, modesti e accomodanti, hanno sempre costituito i partner ideali per il Mapai. Essi esercitano sulle coalizioni governative di cui fanno parte un'influenza a favore degli interessi della classe media.

Il Partito liberale è assai più importante. È il

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